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Un giro al lago di Fimon sui Colli Berici

Un giro nel senso di passaggio ma anche nel senso (orario) di percorso del suo perimetro. È quello che abbiamo fatto.
Il Lago di Fimon è un bacino situato sui Colli Berici in provincia di Vicenza, circondato da una splendida passeggiata che ne costeggia le rive, in mezzo a una vegetazione lussureggiante di boschi tutt'attorno e di ninfee sulle acque.
I Colli Berici si estendono da Vicenza verso sud per una ventina di chilometri. In questa zona, in cui si alternano valli, rilievi e altipiani, si trova il Parco Naturale del lago di Fimon, un'area davvero da scoprire, anche lungo i molteplici percorsi di trekking e le passeggiate che lo attraversano. Si tratta di una zona ricca di interessi, archeologici, naturalistici, architettonici e anche agricoli.

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Il Lago di Fimon ha avuto origine dalla formazione di uno sbarramento alluvionale, prodotto dai fiumi Brenta, Astico e Bacchiglione ai margini dei Berici. Sembra che abbia circa 35.000 anni e che sia quindi il più antico del nord Italia.

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Nel Parco che circonda questo lago sono stati tracciati 5 percorsi di trekking di varia lunghezza e difficoltà, per un totale di circa 45 km. Questi itinerari abbracciano un’area di grandissimo interesse sia storico che naturalistico del territorio del comune di Arcugnano. Si tratta di altrettanti giri ad anello intorno al lago e sui fianchi dei rilievi che permettono così di apprezzare le bellezze naturali e le caratteristiche del paesaggio agrario e forestale dell’ambiente collinare.

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Mercatini di Natale di Arco 2017

Dureranno fino al 7 gennaio, quindi anche se Natale è passato siete ancora in tempo!
Tra l'altro da oggi sulla facciata degli edifici storici della Piazza III Novembre avrà luogo in tre spettacoli quotidiani una rappresentazione di proiezioni luminose attraverso le quali prenderà vita una fiaba che ripercorrerà la storia della città e del suo castello. 

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Quella me la perdo ma le tradizionali casette attorno alla Collegiata non me le sono fatte mancare neanche quest'anno.

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Natale 2017 a Monaco

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Monaco addobbata a festa è sempre un po' speciale. ll Villaggio di Natale con gli chalet decorati a tema ha solitamente un'atmosfera fiabesca che lo contraddistingue, quel tocco di magia che fa tornare un po' bambini. Quest'anno l'allestimento prevede delle speciali "isole" con delle ricostruzioni ispirate alle case delle bambole, ognuna delle quali corrisponde a una stanza abitata da dei pupazzi animati.

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Passeggiare tra le casette che offrono i loro prodotti artigianali e gastronomici diventa una specie di viaggio in un'infanzia un po' mitica, fatta di profumi, sapori e giochi che risvegliano ricordi e ne creano altri.

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La Piazza del Casinò è il secondo polo di attrazioni nella Monaco vestita a festa per Natale: foresta di abeti, bolla di neve e decorazioni a tema. Faites vos jeux!

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Castel Thun

Certo, in una giornata di sole la visita sarebbe stata senz'altro più gradevole, permettendo di approfittare anche dei giardini e dei cortili interni del castello. Senza contare che i suoi locali molto bui sarebbero stati illuminati in quel caso dalla luce esterna, permettendomi di fare delle foto di sicuro migliori, ma tant'è. Peraltro la giornata piovosa pervasa da una nebbiolina ghiacciata e i colori autunnali del paesaggio hanno accentuato l'atmosfera un po' malinconica di quelle stanze congelate in un apparente presente, in cui gli oggetti sembravano solo aspettare chi potesse rendere loro un'utilità, ancora una volta.

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Castel Thun, si trova in Val di Non, in cima ad una collina a 609 m vicino al paese di Vigo di Ton. Venne costruito nella metà del XIII secolo e fu la residenza della famiglia dei Tono, antichi feudatari vescovili.

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E’ un monumentale fabbricato di stile gotico circondato da un complesso sistema di fortificazioni, ricco di torri e torrette e con la Porta Spagnola costruita con massicci conci bugnati. Varcata la porta del ponte levatoio, si entra nel colonnato dominato dalle due torri medievali dette “delle prigioni” e 18 massicce colonne di pietra. La singolare tettoia serviva per riparare i cannoni dalle intemperie. Di fronte al colonnato, si erge il palazzo baronale che è la parte più antica del castello.

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Dalla parte opposta sorge la Torre della biblioteca.
Il palazzo baronale fu costruito sulla viva roccia da Manfredino, Albertino e dai quattro figli di Marsilio Thun.
L'atrio è nella vecchia torre gotica, vi si possono ammirare un grande stemma dei Thun-Kónigsberg con la data 1585 dipinto sulla volta e tracce di affreschi quattrocenteschi.

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Al piano terra si trovano le stanza di rappresentanza

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A sinistra del lungo corridoio si apre la porticina della cappella dedicata a S. Giorgio, decorata a tempera da uno dei discepoli di Jacopo Sunter della scuola di Bressanone.

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Al primo piano ci sono le cucine e le stanze di servizio.

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Ai piani superiori le stanze private

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Nella sala della spinetta è presente un cembalo a martelli databile attorno al 1800. Come tutti gli aristocratici dell'epoca anche i Thun amano e coltivano la musica. A Praga ospitano e proteggono celebri compositori come Mozart, Liszt e Chopin.

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La sala degli antenati è una sala di rappresentanza, vi si trovano i ritratti di illustri gentiluomini, dame e prelati che serbano memoria del nobile casato.

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Stanza del camino: realizzato nel primo 1500, è un trionfo rinascimentale di forme vegetali, intrecciate in volute ed elaborate grottesche, tra grappoli d'uva, volti di putti, mascheroni e musi di animali.

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L'ultimo piano, ridefinito dagli interventi settecenteschi, presenta una serie di camere e salotti riservati al riposo e alla sfera privata. La sala delle mappe è dedicata all'esposizione dei possedimenti Thun nel territorio trentino.

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La
 Stanza del Vescovo è forse l'ambiente più noto e celebrato del castello. La struttura cinquecentesca in legno di cirmolo e abete, fu riadattata da Sigismondo Alfonso Thun, principe vescovo di Trento e Bressanone nella  seconda metà del '600. La Porta di Ercole, datata 1574 è ornata di rilievi a tema sacro e profano e da intarsi con motivi vegetali e vedute di città. La stufa in maiolica bianca e blu (1671) presenta i simboli araldici dell'aquila tirolese, del casato Thun e dell'agnello con vessillo, simbolo del principato vescovile di Bressanone.

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La Camera azzurra è tradizionalmente indicata come la stanza dove avrebbe soggiornato Napoleone durante uno dei suoi passaggi in regione. Prende il nome dal colore turchino della carta da parati, completata da delicate bordure a motivi floreali.

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Sul finire del '700 ogni stanza dei piani superiori è dotata di un'elegante stufa in maiolica. Collocata a parete la stufa era caricata da un corridoio o da un vano di servizio esterno.

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Camera Biedermeier
Rivestita da carta da parati gialla e completata da pitture a tempera con medaglioni sorretti da tritoni, è arredata da mobili ottocenteschi. Alcuni sono improntati alle forme sobrie e funzionali dello stile Biedermeier di ambito mitteleuropeo, altri sono realizzati da mobilieri lombardi. La stanza è dotata di un intimo cabinet rivestito da una raffinatissima carta da parati di provenienza parigina, in cui si alternano ovali con scene mitologiche, allegorie delle arti e vedute marine.

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Domenica mattina a Monza

A Monza ci ero stata a più riprese tra il 2008 e il 2009 e ne avevo serbato un bel ricordo di cittadina elegante e gradevole. 
Questa volta siamo passati rapidamente, approfittando di un sabato sera davvero tardivo, trascorso tra la ricerca dei luoghi della memoria di Marco e una pizza che non arrivava mai alla Pizzeria del Centro e soprattutto di una domenica mattina di fine settembre dal clima ancora tiepido, con la luce ancora estiva che incideva i contorni delle cose e le bancarelle dei vari mercati che cominciavano appena ad offrire i loro prodotti ai passanti.
Credo che fossimo gli unici "turisti".

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Monza nella mia memoria accende immediatamente due ricordi.
Il primo è Tommaso Labranca. No, non lui direttamente, ma un suo libro, 78.08 che ho acquistato nella libreria Libri&Libri in uno di quei miei passaggi di allora. Il romanzo, che era uscito da poco, mi era praticamente caduto tra le braccia mentre mi soffermavo diosolosaperché a curiosare tra gli autori che cominciano per L.
Sono numerose, sono proprio tante le librerie a Monza e questo mi ha fatto riflettere sul
 fatto che una città non si misuri tanto dal numero di abitanti o dalla superficie del comune, bensì dalla sua profondità, che è rappresentata anche dalla quantità di libri che chi ci vive è solito acquistare.

Il secondo è un corso di step organizzato in piazza dalla palestra Moving di Lissone nell'ambito di un evento sponsorizzato da radio Number One (la 10 k credo). Si moriva di caldo -era estate- ma la coreografia piuttosto articolata mi aveva molto divertita. 

Due bei ricordi possono bastare. Il passato è limpido.
Il presente è sereno, insomma lo era.

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Jaffa

Jaffa (in ebraico Yafo) è la parte a sud della città di Tel Aviv. E' uno dei porti più antichi al mondo ed è a tutti gli effetti la parte storica della città moderna, creata a nord della cittadella nel 1909. 

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Prima di allora era una città musulmana. La sua esistenza è attestata da 3500 anni ed è citata nella Bibbia e nei Vangeli. Nella sua lunga storia ha visto dominazioni Turche, Napoleoniche e Inglesi e soprattutto i conflitti Israelo-palestinesi, prima di fondersi nel 1950 con Tel Aviv.
Jaffa, che in ebraico significa "la bella" si trova su una collina affacciata sul Mediterraneo e da qui osserva i grattacieli della "città bianca". 

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L'atmosfera qui è ricca di storia, questa fortezza ha mantenuto un fascino autentico, pur riuscendo a reinventarsi un presente piuttosto trendy e alla moda.

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A Jaffa si trovano influenze ebraiche e arabe. Nonostante il grande esodo del 1948 ci vivono 18.000 palestinesi di cittadinanza israeliana, cifra che corrisponde a un quarto dell'intera popolazione del quartiere. Anche se la situazione è più complessa di quanto appaia a prima vista Jaffa resta a tutt'oggi un simbolo di convivenza e tolleranza in Israele.

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Celebre per il suo mercato delle pulci a Jaffa si respira un'atmosfera orientale mista a un gusto elegante e europeo.

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Il porto di pescatori si anima alla sera, quando i bar e i ristoranti si affollano per assistere al tramonto che si accende sul mare.

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Nazareth

A Nazareth mi ci sono trovata un po' per caso, come in tutto questo viaggio in Israele peraltro, un po' infiltrata appresso a Marco che ci è venuto per lavoro. E uno dei suoi meeting era appunto qui, ragione per la quale ho per quel giorno disertato la spiaggia di Tel Aviv per visitare questo luogo mitico, in cui la tradizione cristiana vuole sia vissuto Gesù.

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Durante tutta la mattinata ho avuto una guida d'eccezione, Rula, una brillante avvocatessa moglie dell'ingegnere che doveva incontrare la delegazione della società per cui lavora Marco, che gentilmente si è offerta di accompagnarmi nella visit
a della cittadina della Galilea, dandomi anche un sacco di informazioni relative alla storia e alle tradizioni della zona.

Nazareth è la più grande città araba del paese, composta per il 60% da abitanti di religione islamica e per il 40% da cristiani (cattolici e ortodossi).
Rula mi ha accompagnato attraverso il mercato, spiegandomi che un tempo era molto più vivace e attivo e che ora, a causa dello sviluppo dei centri commerciali e dello spostamento delle nuove generazioni fuori dal centro storico della città, la sua attività si è ridotta in modo considerevole. Qualcosa dello spirito del mercato mediorientale vi sopravvive ugualmente, con quell'accozzaglia tipica di oggetti utili, modernariato e arredamento così tipica. 

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Lei è cresciuta proprio in una delle vie adiacenti e quando ho preso questa foto, mi ha confessato "è il mio angolo preferito".

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Rula mi ha poi fatto visitare prima la Basilica dell'Annunciazione che domina letteralmente il panorama della città.

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C
ostruita sul sito che la tradizione cristiana vuole corrisponda a quello in cui Maria avrebbe ricevuto la visita dell'Arcangelo Gabriele con l'Annuncio della nascita del Cristo, l'imponente basilica in cemento armato è formata da due chiese sovrapposte.
In quella inferiore si trova la "Grotta dell'Annunciazione" che corrisponde alla casa di Maria. E' visibile una scala, nominata anche dalle scritture, quella dalla quale l'Arcangelo sarebbe sceso per darle la lieta novella.

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Nella chiesa superiore, come nel piazzale antistante, si possono ammirare numerosi mosaici provenienti da tutte le parti del mondo raffiguranti la Vergine Maria e Gesù. E' buffo vedere come ogni nazione se li immagini con i tratti e gli abiti tipici delle proprie genti.

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E' la più grande chiesa cristiana del Medio-Oriente (well, non ci sono molte chiese cristiane nel Medio-oriente, ha aggiunto Rula). Inaugurata nel 1964 da Papa Paolo VI, vi hanno officiato la Messa anche i Papi successivi.

Siamo passate poi alla visita della piccola chiesa greca ortodossa di San Gabriele, quella di Rula -ci ha tenuto a dirmelo mentre mi porgeva la caratteristica sottile candela da affondare nei bacili riempiti di sabbia- in cui, secondo una tradizione cristiana parallela sarebbe in realtà avvenuta la vera Annunciazione (eh, neanche tra cristiani si mettono d'accordo da queste parti). Qui infatti c'è il pozzo al quale Maria sarebbe venuta ad attingere l'acqua quando Gabriele le fece visita.

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Un altro luogo molto suggestivo che mi ha fatto visitare sono i tunnel sotterranei, scoperti solo 15 anni fa, in cui si nascondevano i primi cristiani prima che Costantino emanasse il suo editto di tolleranza. Mi ha spiegato che essi percorrono per decine di chilometri il sottosuolo della città e la loro ristrettezza mi ha decisamente impressionato.

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Una terza chiesa greca, ma di tradizione cattolica (ebbene sì esiste anche quella a Nazareth, non ero al corrente dell'esistenza di una simile tradizione, ma in questa terra la frammentazione religiosa crea entità davvero insospetttabili) sorge poi accanto alla sinagoga, quella dalla quale Gesù avrebbe cacciato i Farisei (i mercanti in effetti si trovano ora appena fuori).

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Che uno, per colpa dell'iconografia classica, se lo immagina come un tempio monumentale e invece.

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Un'altra chiesa facente parte del complesso della Basilica cattolica è quella che sorge sopra quelli che tradizionalmente sono riconosciuti come i resti della casa di San Giuseppe. 

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Insomma passeggiare per Nazareth è un po' come ripetere alcuni passi del Vangelo ed è inevitabile stupirsi di fronte all'esistenza reale, prosaica e spesso assai poco spirituale di luoghi mitizzati e facenti parte di un immaginario che poco ha a che fare con la realtà, soprattutto di quella mediorientale.

Oggi Nazareth è la città dove si trova la più grande comunità araba in territorio israeliano. La popolazione era composta soprattutto da cristiani, fino all'arrivo di rifugiati musulmani qui giunti dopo la creazione dello stato di Israele. Le due comunità sono in buoni rapporti, anche se ci sono stati momenti di frizione, soprattutto quando la comunità islamica aveva deciso di costruire una gigantesca moschea proprio accanto alla Basilica dell'Annunciazione, cosa alla quale i cristiani si sono fermamente opposti bloccando i lavori. La cosa è ancora motivo di tensioni.

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Tra i musulmani e gli ebrei invece le tensioni sono più importanti e sono legate alla costruzione di un comune a maggioranza ebrea sorto sulle colline attorno a Nazareth. Nazareth Illit o Upper Nazareth, verso la quale sono state spostate la maggior parte delle istituzioni e dei servizi dello stato.

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A Nazareth Illit siamo stati invitati a cena da Shadi che, dopo averci portato a vedere dall'alto il Monte Tabor, dove le scritture affermano ebbe luogo la Trasfigurazione di Gesù, ci ha offerto un superbo pasto mediorientale di quelli che solitamente si preparano nelle grandi occasioni. Il piatto principale a base di agnello, riso, pinoli e mandorle viene infatti fatto cuocere per sei ore dal fumo di una speciale stufa. L'accompagnamento della cena consisteva in una quantità di portate pantagruelica: dolmades (gli involtini di foglie di vite), tabulé libanese, insalate varie, hummus, il tutto annaffiato da vino locale e seguito dal dolce tipico di Nazareth (una cosa un po' formaggiosa, buona, di cui non ricordo il nome o più probabilmente non mi è stato nemmeno detto) che ci è stato servito in giardino.

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Del fatto c
he i medio-orientali fossero un popolo eccezionalmente ospitale ne avevo avuto già prova, ma qui sono stati raggiunti livelli davvero stratosferici, che vanno senz'altro al di là di quello che poteva essere l'interesse per la futura collaborazione nell'ambito del progetto di business per cui ci si trovava lì. Grazie ai nostri ospiti, spero di poter tornare presto nella vostra terra.
 


 


 


Neve Tzedek

Neve Tzedek è il primo quartiere ebraico ad essere stato costruito fuori da Jaffa, prima che la stessa Tel Aviv venisse creata. L'atmosfera è ancora quella del piccolo villaggio dalle strade tranquille, silenziose e piene di gatti. 

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In un primo momento disertato dagli abitanti che gli preferirono la città moderna, dagli anni '80 è tornato ad essere apprezzato, diventando uno dei quartieri più ricercati della città, sede di atelier di artisti, ristoranti chic e concept store.

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Ma l'atmosfera resta quella dell'oasi di pace ("oasi di giustizia" è peraltro il significato del suo nome in ebraico), la sensazione è quella di trovarsi in una bolla fuori dal tempo e dal traffico della città: lungo le sue stradine un po' labirintiche i bambini giocano, i gatti prendono il sole, i turisti scattano foto. 
Le case basse dipinte color ocra, gli aranci, gli olivi e le bouganville contrastano con le torri che svettano appena al di fuori del suo ideale perimetro.

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Vi si trova il museo Nahum Gutman, che fu la casa dell'artista e la casa della famiglia Rochach, diventata a sua volta un museo e un memoriale.
Il Centro Culturale Suzanne Dellal, scuola di danza molto nota, è l'anima del quartiere e il punto di ritrovo degli artisti.
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TA

Los Angeles, o meglio il lungo-oceano di Santa Monica. Quella è stata la prima cosa che mi è venuta in mente alloggiando sul lungomare di Tel Aviv.

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Le palme, i palazzi moderni e soprattutto tutti quei giovani impegnati a correre e a fare sport sulla spiaggia hanno fatto sì che la memoria corresse proprio lì, dove guarda caso mi trovavo proprio negli stessi giorni 5 anni fa. 

La Muscle beach di Santa Monica è dove per tradizione viene fatta risalire la nascita del fitness inteso come cultura fisica, impegno nel mantenere il proprio corpo sano ed efficiente, funzionale e di conseguenza dall'aspetto armonioso, ché non esiste bellezza senza uno scopo.

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Tel Aviv è una città moderna vocata agli affari, ragione per la quale ero lì, infiltrata appresso a Marco che ci si trovava appunto per lavoro. Pochi giorni, ma sufficienti per rendersi conto che bisogna tornarci per visitare un po' tutto quello che non si è fatto in tempo a vedere.

Per il momento però ho approfittato del mare. Caldissimo, pieno di pescetti contro i quali era impossibile non sbattere mentre ci si immergeva.
E della spiaggia. Finissima, ampia e incredibilmente poco affollata, nonostante ci trovassimo lì proprio tra due importanti feste ebraiche, il Capodanno e lo Yom Kippur.

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Lungo la Promenade su cui si affacciano gli hôtel più lussuosi sfrecciano biciclette e monopattini elettrici, corrono ragazzi e ragazze atletici e c'è pure qualche gatto, segno inequivocabile che lì si può stare.

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Più a nord, dove si trovava un tempo un porto ci sono i docks in cui ora numerosi ristoranti servono pesce freschissimo e buonissimo.

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La sensazione è di essere in una città moderna e soprattutto sicura, l'assenza pressoché totale di forze dell'ordine per le strade ne è l'ulteriore prova.

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Pista ciclabile Torbole-Dro

Non mi sono ancora abituata del tutto, lo ammetto. Per me tornare a casa è "tornare ad Arco". Non posso concepire diversamente il percorso che mi porta lassù.
Dieci anni fa ho lasciato la mia patria di nascita allontanandomi progressivamente da dove avevo le mie radici. Si dice che più la chioma si estende in ampiezza dalla base del tronco, più profonde ed ampie esse sono.
Per ora mi trovo a circa 500 km di distanza. Se le radici sono proporzionate, la famosa mela che cade ha un ampio margine per dare i suoi frutti. Vedremo.

Non mi sono abituata del tutto, dicevo, al fatto che la mia famiglia si sia nel frattempo trasferita a Dro, che è un paesino che, per quanto gradevole, nulla ha a che fare con l'atmosfera e lo spirito dellla "Busa", la conca che dalle sponde del Garda trentino arriva fino al castello di Arco, il punto più aperto e luminoso di questa piana dal clima mediterraneo.

Non mi sono abituata ma sto cominciando ad apprezzarne alcune peculiarità, come la Coop e la neo-inaugurata Conad, dove trovo i tarallucci per il Marco (e tante altre cose) e soprattutto il Supermarket della Calzatura, vera miniera di innumerevoli scarpette "numero 35 che calza piccolo" che mi rendono oltremodo felice.  
Ok scherzi a parte, Dro è un paesino non troppo vitale, ma che ha anche i suoi lati positivi, in fondo.
Uno è la bellissima pista ciclabile che lungo il fiume Sarca la collega (toh!) al lago. 

Non la conoscevo affatto nel suo tratto tra Dro ed Arco, ma negli ultimi mesi, durante i miei ripetuti soggiorni in famiglia, è diventata un percorso piuttosto abituale e devo dire che i suoi scorci hanno qualcosa di davvero idilliaco. Salici piangenti, canneti, un sacco di vegetazione, fiori di campo, natura un po' selvaggia fanno da cornice a chi voglia pedalare sulle rive del fiume lungo il suo tracciato fatto anche di ponti e caratteristiche passerelle. 

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Sono 11 km per arrivare fino a Torbole, una passeggiata breve e gradevole che porta infine al lago.

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Il tratto tra Arco e Torbole, invece, non solo lo conosco molto bene, ma c
i ho trovato pure le stesse persone che lo percorrevano 10 anni fa. La mia amica Cristina aveva solo un piccolo dettaglio in più rispetto ad allora, un seggiolino con una bimba già molto più cresciuta di quello che avrei supposto. 
Il professore baffuto e consorte che erano soliti frequentare il Lido Blu invece erano identici.
Ho riso di stupore ma soprattutto di sollievo. Le cose che non cambiano rassicurano tanto, rassicurano tantissimo.

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