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April 2018

Un giro al lago di Fimon sui Colli Berici

Un giro nel senso di passaggio ma anche nel senso (orario) di percorso del suo perimetro. È quello che abbiamo fatto.
Il Lago di Fimon è un bacino situato sui Colli Berici in provincia di Vicenza, circondato da una splendida passeggiata che ne costeggia le rive, in mezzo a una vegetazione lussureggiante di boschi tutt'attorno e di ninfee sulle acque.
I Colli Berici si estendono da Vicenza verso sud per una ventina di chilometri. In questa zona, in cui si alternano valli, rilievi e altipiani, si trova il Parco Naturale del lago di Fimon, un'area davvero da scoprire, anche lungo i molteplici percorsi di trekking e le passeggiate che lo attraversano. Si tratta di una zona ricca di interessi, archeologici, naturalistici, architettonici e anche agricoli.

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Il Lago di Fimon ha avuto origine dalla formazione di uno sbarramento alluvionale, prodotto dai fiumi Brenta, Astico e Bacchiglione ai margini dei Berici. Sembra che abbia circa 35.000 anni e che sia quindi il più antico del nord Italia.

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Nel Parco che circonda questo lago sono stati tracciati 5 percorsi di trekking di varia lunghezza e difficoltà, per un totale di circa 45 km. Questi itinerari abbracciano un’area di grandissimo interesse sia storico che naturalistico del territorio del comune di Arcugnano. Si tratta di altrettanti giri ad anello intorno al lago e sui fianchi dei rilievi che permettono così di apprezzare le bellezze naturali e le caratteristiche del paesaggio agrario e forestale dell’ambiente collinare.

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Esposizione Henjam al Castello del Catajo

Il castello del Catajo,  splendido palazzo cinquecentesco dal bellissimo parco e dai saloni affrescati ricchi di storia e leggende, ospiterà dal 29 aprile fino al 12 maggio un'esposizione di opere Henjam, in occasione della rassegna Emergere in Arte che vedrà altre mostre prendervi vita nei prossimi mesi. Siamo a Battaglia Terme sui Colli Euganei in provincia di Padova in una location davvero eccezionale. Si tratta di una delle dimore storiche europee più imponenti e monumentali: villa principesca, reggia e salotto letterario, di qui sono passati nei secoli nobili e artisti di tutta Europa.

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In queste stesse stanze Henjam ha il piacere di presentare la sua produzione artistica più recente, con qualche excursus verso opere passate ma collegate ad esse per stile e poetica e una digressione riguardante le ultime sculture lignee di Alberto Festi. Il nucleo centrale dell'esposizione è costituito dalle opere della serie Limes (2017). Questi grandi dipinti su juta in cui il dialogo fra mondi inconciliabili sembra sempre sul punto di realizzarsi sono in realtà intimamente legati alle opere su juta del 2003. Oltre al supporto e alla tecnica esse partecipano infatti della stessa capacità evocativa nel creare mondi sospesi tra il presente e l'attesa. Anche qui come in Limes il passaggio non si realizza mai, ma l'universo resta più nudo e metafisico, mentre le più recenti immagini di confine ostentano materia e carnalità.

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Oceano (2017) è un'opera a sé. Questo dipinto grandioso prende le sembianze di una scultura tanto è abitato da un movimento ondoso tridimensionale, a sua volta contenuto dall'acciaio immoto della cornice, in una costante tensione che sembra non risolversi mai.

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Se Oceano è il movimento, La Madre rappresenta le radici. Quest'opera monumentale del 1994 segna l'inizio della collaborazione artistica tra Alberto Festi e Matteo Tonelli. La tensione qui corre da un riquadro all'altro, creata da quello stesso attrezzo che serve appunto a tendere i filari delle viti,  ripetuto per 24 volte con tecniche diverse in altrettanti dipinti cuciti su juta.

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E proprio la tensione, assieme alla capacità evocativa, è il secondo polo su cui ruota l'esposizione. Le ultime sculture di Alberto Festi (2018) completano in questo senso il discorso sull'energia potenziale racchiusa nell'opera d'arte. Potenti, immediate e intense raccontano una realtà dall'evidenza che sorprende per la sua purezza e bellezza assoluta.

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La visita al castello e all'esposizione vi emozionerà. La sintonia tra il fascino un po' decadente dei locali che la ospitano e il potere evocativo di queste opere è davvero perfetta.

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Il castello è aperto nei pomeriggi di martedì, giovedì, venerdì e domenica dalle 15 alle 19.

 

 


Oltre lo Specchio (Barbablù rivisitato)

Oltre lo Specchio è uno spettacolo di Elisa Salvini e Martina Pomari ispirato a La Camera di sangue (1979) di Angela Carter, un racconto che dà anche il nome ad un'intera sua antologia di narrazioni ispirate a celebri fiabe.
Nelle fattispecie La Camera di sangue è la riscrittura della favola di Barbablù di Charles Perrault, che narra la vicenda di un sanguinario uxoricida, ucciso dalla madre della sua ultima giovane sposa proprio un attimo prima di averle tolta la vita.

La trasposizione teatrale ad opera delle due giovani artiste prende la forma del monologo attraverso la voce di Elisa Salvini ed è accompagnata dalla presenza in scena di Martina Pomari che, oltre ad impersonare la sposa bambina, è anche la creatrice dei dipinti che raffigurano le scene e i momenti più intensi della fiaba. Dipinti che vengono modificati e in qualche modo ricreati ogni volta che avviene la rappresentazione.

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Opera della stessa pittrice e grafica  sono anche la locandina e i ritratti delle artiste creati per l'occasione:

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La storia narra la vicenda di una giovane pianista di talento che finisce in sposa ad un vecchio e ricco marchese che non ama. Gli agi in cui vive le fanno comunque accettare le perversioni sessuali dell'uomo, che ella scopre una volta arrivata alla villa.
Un viaggio d'affari, probabilmente simulato, decide infine della sorte della fanciulla, che, anche se avvertita dal marito di non entrare nella stanza segreta di cui le confida tra le altre la chiave, cede alla curiosità per scoprire infine l'orrore: i corpi delle mogli precedenti fanno qui mostra di sé nonché della perversione dell'uomo con cui si trova a condividere la vita.
Sarà la madre della ragazza a salvarla in extremis alla fine del racconto.

L'idea di unire due forme artistiche diverse come la recitazione e la pittura aggiunge una dimensione in più allo spettacolo, che, accompagnato dalle musiche originali della violinista Maya Parisi, ha un potere evocativo tutto speciale.
La superba interpretazione di Elisa, che veste i pani di Barbablù, si sposa con la presenza silenziosa di Martina e delle sue opere, mentre i molti simboli presenti nella narrazione materializzano in qualche modo tutto quello che sulla scena non si vede.
Non si vede perché resta "oltre lo specchio", quello specchio che, oltre a permettere ai protagonisti il riconoscimento di sé, d'un tratto si fa anche porta, passaggio, varco che introduce lo spettatore in un mondo che è fatto di orrore, ma anche, come in ogni fiaba che si rispetti, di salvezza.

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Habitat potentiel pour une artiste - Tatiana Wolska alla Galerie de la Marine

La Galerie de la Marine a Nizza, i cui locali erano nell' '800 dedicati alla vendita del pesce, è uno spazio espositivo speciale. Ogni anno ospita infatti le esposizioni dei giovani artisti laureatisi alla Villa Arson, la scuola nazionale superiore d'arte di Nizza.

Nel 1976 queste sale cominciano ad essere dedicate alle mostre d'arte contemporanea, con l'intento di promuovere i giovani artisti sulla scena nazionale e internazionale.  

Tatiana Wolska, nata nel 1977 in Polonia e diplomatasi alla Villa Arson di Nizza, vive e lavora a Bruxelles e si dedica da 10 anni a progetti di scultura in grande formato legati all'architettura, che giocano con gli oggetti abbandonati che lei taglia, ricostruisce e assembla dando loro nuova vita. Alla Galerie de la Marine  presenta un'opera in legno che si situa tra l'architettura e la scultura abitabile. 
Al tempo stesso installazione e scultura informale Habitat potentiel pour une artiste è innanzitutto il luogo in cui l'artista ha vissuto e lavorato per tre settimane. Attraverso la sua volontà di creare con le sue proprie mani l'artista sfugge alla tentazione minimalista, sfruttando piuttosto i materiali di recupero, che taglia, scava, ricostruisce per dar loro una forma che si avvicina alla costruzione abbandonata o all'architettura d'emergenza.
Senza essere un'ecologista assidua Tatiana Wolska valorizza quello che è a tutti gli effetti un rifiuto.

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Gianfranco Baruchello alla Villa Arson a Nizza

L'esposizione dedicata a Gianfranco Baruchello alla Villa Arson di Nizza è davvero ricca e permette di spaziare tra le opere di questo artista che è quasi impossibile calssificare, vista l'ampiezza dei modi e delle forme in cui ha saputo esprimersi.
Agricoltore, poeta, realizzatore cinematografico e pittore, egli ha spesso prodotto opere incredibilmente avanti con i tempi.

Nato nel 1924 a Livorno ha presto preso le distanze dalle idee filogovernative del padre durante il ventennio fascista. A 19 anni segue lo zio diplomatico in Ucraina, dove comincia a scrivere e disegnare documentando la ritirata dell'esercito italiano dal fiume Don.
Dopo gli studi di Diritto, nel 1962 avviene la sua consacrazione nel mondo dell'arte, quando la sua opera arriva a Parigi in una delle gallerie più importanti della città. Qui conosce Marcel Duchamp di cui diventa amico e collaboratore. 
Seguiranno gli anni di New York: il film ricostruito a partire da frammenti di 47 vecchie pellicole destinate al macero, Verifica incerta (1965), viene presentato al MoMA e al Guggenheim Museum.
Qui conosce anche John Cage e si confronta con la pop art e l'espressionismo astratto americano.

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Nel 1973 inizia l'esperimento di Villa Cornelia, una grande tenuta agricola alle porte di Roma, che parte dal presupposto che ha molto più valore dedicarsi a una terra incolta che occuparsi di teorie politiche e attivismo intellettuale. Ora vi si trova la sede della Fondazione Baruchello, creata assieme alla moglie e che si occupa, oltre che del suo immenso archivio, anche di progetti che riguardano giovani artisti.

Questa di Nizza è la prima retrospettiva dedicata in Francia all'artista livornese.

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Nelle opere esposte si legge soprattutto una poetica del minuscolo, una sorta di frammentazione del linguaggio visivo e verbale che mira in realtà alla dilatazione del mondo. Dettagli, oggetti, parole, frammenti di frasi sono spesso sparpagliati su grandi spazi, nei quali, anziché perdersi, cercano al contrario di costruire, attraverso una grammatica tutta nuova, un codice linguistico e semantico alternativo.

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La sua opera comprende anche dei box showcases montati a muro in cui sono esposti ritagli di carta e oggetti vari.

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Nel filmato seguente, l'artista conversa con il curatore della mostra, Nicolas Bourriaud.
Ciò che emerge è innanzitutto il suo stupore davanti alla lettura fatta delle sue opere, il fatto che un percorso basato sulle idee più che sulla cronologia possa fargli scoprire a 94 anni ancora qualcosa di sé.

 

"mostrare l'idea attraverso la pittura è più complicato che mostrare semplicemente la pittura"