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April 2017

Sentier littoral du Cap Taillat

Questa escursione è indubbiamente una delle più belle che si possano fare lungo le coste della Côte d'Azur.
Lo so, questa cosa l'ho detta almeno una decina di volte, ma basterà dare un occhio alle foto che seguono per rendersi conto a quale punto la natura qui abbia dato il meglio di sé.

Siamo in zona St-Tropez, nel comune di Ramatuelle, in un parco naturale protetto percorribile solo a piedi (possibilmente in adorazione) tra la macchia e il mare.

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La meta della nostra gita, come si diceva nella Settimana enigmistica qualche anno fa (ma forse in effetti esiste ancora quel cruciverba, visto che si tratta della rivista più conservativa mai stata stampata dai tipi italiani), la nostra meta, dicevo, è Cap Taillat, una penisola che si stacca dalla costa attraverso un istmo di sabbia, il secondo tra i capi che disegnano questo tratto di costa tra Ramatuelle e La Croix-Valmer.

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"Eccessivo", "esagerato" e altri aggettivi simili, era più o meno questo il tono delle parole che mi uscivano dalle labbra mentre ridevo incredula, camminando lungo i sentieri e le rocce di questo sito, che da quando è diventato un'area naturale protetta è esploso nuovamente in tutta la sua bellezza. 

Fino agli anni '90 infatti la frequentazione della zona era completamente anarchica, le automobili potevano arrivare sino all'istmo di sabbia di Cap Taillat ed era praticato normalmente il camping selvaggio di tende e caravan.

Il Conservatoire du littoral ha acquistato la zona nel 1987, quando il Club Med aveva progettato di costruirvi un porto e 400 bungalow. Da allora l'area è ritornata ad essere un paradiso di pace. La vegetazione ha ripreso piede, piante e arbusti sono tornati ad essere padroni dei luoghi regalando ai visitatori profumi e colori unici, che si mescolano sapientemente con quelli del mare.

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Ci sono vari percorsi possibili per visitare questa zona litoranea, noi siamo partiti dalla spiaggia dell'Escalet, da dove l'istmo di Cap Taillat si raggiunge in circa 30-45 minuti, a seconda che si scelga il sentiero più diretto o che si percorrano le piste più impervie tra le rocce. E a seconda, soprattutto, di quante pause per scattare foto si facciano.

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Lungo il cammino si passa accanto a piccole spiagge argentate e criques che racchiudono specchi d'acqua di un azzurro sorprendente; i profumi e i colori della macchia mediterranea esaltano al massimo l'esperienza sensoriale di questi luoghi.

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Tocccherà tornare presto per visitare meglio la zona; il lungo tratto di costa tra Cap Camarat e cap Taillat permette infatti molte altre escursioni.

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4. Un (decimo) anniversario al mese - 18 Aprile 2007

Una televisione.
Ma non l'oggetto, gli studi proprio. 

Sono nata in aprile e Cerere è anche la dea della nascita. 

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Sono nata in aprile, a Pasqua, il giorno della rinascita. 

L'anno scorso all'Astrorama -era febbraio- li ho finalmente osservati tre dei satelliti galileiani di Giove, erano Io, Europa e Callisto.

Cerere non c'era.
Ovviamente.


 

 


On parie qu'à Paris... ?

On parie? Scommettiamo?
Scommettiamo che a Parigi si può...

Trovare una scala per le nuvole

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uscire dal tunnel e senza nessuna guida

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Tornare a Arco

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Alzare gli occhi per trovare le parole giuste

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Abbassare gli occhi per trovare giganti sotto alberi quadrati
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Sentire il profumo del bello

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E avere abbastanza tatto per poterlo toccare

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Baciarsi come in un film

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dicendo ti amo in una lingua che non si capisce niente

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Scommessa vinta, mi sa.




Le Musée Jacquemart-André

Il Musée Jacquemart-André lo avevo scoperto anni fa in compagnia di una cara amica ed era nostro progetto di tornarci presto assieme. In realtà il destino ha voluto che per me accadesse prima, ma la cosa non esclude certo una seconda prossima visita. L'esperienza di questo piccolo museo è infatti un tale piacere per gli occhi e per lo spirito che l'idea di volerci tornare più volte sorge quasi spontanea, fosse anche solo per vedere l'esposizione temporanea del momento o per il brunch domenicale, servito al caffè ristorante allestito nel salone da pranzo al pian terreno e al quale si può accedere anche a prescindere dalla visita.

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Questo museo è un gioiello, un vero scrigno di bellezza sia per quel che riguarda il sito stesso, che per la meraviglia delle opere che custodisce.
Si trova al 158 di Boulevard Haussmann a Parigi ed è gestito da Culturespaces, una società che cura alcuni tra i più bei siti museali di Francia tra cui quelli di Nîmes, Orange, Baux-de-Provence e la Villa Ephrussi de Rotschild di Cap Ferrat, le cui foto fatte a suo tempo mi sono valse l'invito a questo piccolo tesoro che si trova un po' nascosto tra i palazzi dei grandi Boulevard che si diramano dall'Arc de Triomphe, nei pressi degli Champs Êlisées.

La novità rispetto alla mia prima visita è che ora si possono fotografare gli interni (eccezion fatta per l'esposizione temporanea, per la quale evidentemente ci sono diritti diversi da rispettare), cosa che mi permette di raccontare qui la sua esperienza per immagini. Invece mancava rispetto ad allora uno dei pezzi forti della collezione, il "San Giorgio e il drago" di Paolo Uccello, attualmente in restauro.

L'edificio era l'abitazione di una coppia appartenente all'alta borghesia parigina di fine '800.
Édouard André e sua moglie Nélie Jacquemart erano grandi estimatori d'arte (Nélie pittrice lei stessa) e soprattutto erano provvisti di una fortuna considerevole che permise loro di creare una collezione privata dall'importanza davvero impressionante. Édouard aveva il progetto di costituire una collezione di quadri, sculture e oggetti d'arte del XVIII secolo mentre Nélie si interessava soprattutto alla pittura italiana. Per misurare l'ampiezza di quello che è riuscita a raccogliere basta dire che la maggior parte dei quadri italiani dai primitivi al Rinascimento presenti a Parigi si trovano qui. 
Alla loro morte la villa è stata donata all'Institut de France.

Attraversare queste stanze è un'esperienza immersiva nella ricchezza d'arte che ha permeato la vita di questa coppia di appassionati. Mobilio, sculture, dipinti, arazzi, affreschi, ceramiche, ovunque l'occhio si posi trova opere d'arte incredibilmente preziose.
La visita inizia dal Salon des peintures che è una sorta di anticamera che precede il Gran Salon: Boucher, Chardin, Canaletto, Nattier sono i prestigiosi artisti che si trovano qui riuniti. Il Gran Salon, dalle caratteristiche linee semicircolari era la stanza di ricevimento per eccellenza. Un meccanismo idraulico permetteva di far sparire le pareti che lo separavano dalle sale adiacenti per aumentarne la capienza fino a mille invitati. 

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Da qui si accede alla Sala della Musica, ricca di dipinti del '700 francese e quindi alla Sala da Pranzo, il cui elemento più importante è l'affresco sul soffitto, opera di Giambattista Tiepolo, proveniente da Villa Contarini a Mira.
Seguono il Salon des Tapisseries e il Cabinet de Travail, anch'esso decorato da un affresco del Tiepolo, il Boudoir, destinato inizialmente ad accogliere l'appartamento privato di Mme Jacquemart e poi la Biblioteca, inizialmente camera da letto di Nélie, decorata da dipinti fiamminghi e olandesi del XVII secolo, tra cui spiccano dei Rembrandt e un Van Dyck. 

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Il Fumoir, secondo la moda del Secondo Impero è decorato in stile orientale, mentre il Jardin d'Hiver è una caratteristica dell'epoca di Napoleone III. Questo atrio vetrato rivestito in marmo si apre su un'incredibile scala doppia, di una leggerezza sorprendente malgrado i materiali di cui è costituita (marmo, pietra, ferro, bronzo). L'affresco di Tiepolo che vi si trova in alto è il culmine della sua decorazione.

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Il Museo Italiano, dove la coppia riunisce tutte le opere raccolte in Italia si apre sulla Sala delle sculture, che inizialmente era l'atelier di Nélie. Si trattava un po' del loro giardino secreto, la cui visita era riservata a pochi.

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La Salle Florentine è concepita come una cappella che racchiude opere per lo più ad ispirazione religiosa, tra cui dei dipinti di Sandro Botticelli e del Perugino.

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La Salle Vénitienne raggruppa le opere di Venezia e delle scuole del Nord Italia con capolavori di Bellini, Mantegna, Crivelli e Carpaccio.

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La visita termina con gli appartamenti privati, tre stanze al piano terra, comprendenti le due stanze da letto e l'anticamera. 


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La butte - a spasso per Montmartre

Il quartiere di Montmartre deve il suo nome al martirio del primo vescovo di Parigi, Saint Denis, che qui venne decapitato e fino al 1860 restò un comune indipendente da quello della capitale francese.
La "butte", alta 130 metri, non è l'unico quartiere di Parigi ad aver conservato un'atmosfera da villaggio, ma di sicuro è uno dei più affascinanti, con la sua vista impareggiabile su Parigi dall'alto, le scalinate che salgono al Sacré-Coeur e gli scorci caratteristici su tanti luoghi culto di questo angolo di città. 
Ci ho passato una mezza giornata in passeggiata solitaria, così un po' a zonzo camminando sui miei passi di almeno una quindicina di anni fa e sorprendendomi nel vedere che i piedi sapevano ancora dove andare.

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La salita al Sacré-Coeur l'ho fatta con calma, gustando ogni scalino che mi faceva ascendere di un po' sopra ai tetti di Parigi. Qualche goccia di pioggia non mi ha impedito di soffermarmi sulle panchine a osservare i turisti e i venditori di gadget più o meno kitch sullo sfondo di questa città che anche quando è grigia sa essere speciale.

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Il Sacré-Coeur in quel momento è servito da riparo per parecchi turisti, ma la pioggia è finita subito, come spesso accade a Parigi, e sono salita alla cupola.

300 gradini che si aggiungono ai 222 della scalinata verso il sagrato, ma la vista da lassù, assieme alla simpatia dell'addetta alla vendita dei biglietti, ne vale davvero la pena.

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Chi dice Montmartre dice artisti. Quelli storici, quelli di strada e quelli che affollano la place du Tertre.
Qui mi sono ricordata di quella volta in cui con la mia amica Ilaria ci siamo salite alle 6 del mattino, con il proposito di vederla sgombra da bancarelle e turisti. Suggestiva certo, se si prescinde dai mezzi che ne stavano facendo la pulizia e dai banchi ripiegati degli artisti ancora chiusi.
In fondo la piazza è bella anche così, colorata, rumorosa e un po' folkloristica. 
Queste vie che risuonavano un tempo dei passi di artisti come Picasso, Van Gogh, Zola, Toulouse-Lautrec, Renoir e Monet conservano ancora, tra i ristoranti e le boutiques di souvenirs, la memoria di quell'epoca.

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Imbocco a sinistra verso la place du Calvaire e poi salgo di nuovo verso il Cabaret du Lapin Agile (l'avrà poi dipinto davvero A.Gilles quel coniglio?) e la celebre vigna di Montmartre, vecchia di più di 1000 anni e l'unica ancora esistente nella cinta cittadina.

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Il tempo è migliorato e la luce della sera scalda il muro dei Ti Amo, dove spicca in tutte le lingue del mondo la più bella dichiarazione che orecchio umano possa sentire, nei pressi della stazione del metro Abbesses. 

Questa, con i suoi 36 metri dal livello stradale è la più profonda stazione di Parigi. Le pareti della sua scala a chiocciola dalla quale sembra un po' di salire dagli inferi, sono decorate da murales, spettacolari nella loro ricostruzione di panorami parigini.

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Scendo per la rue Lepic, dove si trova il Moulin de la Galette e il locale Les deux Moulins, reso celebre dal film "le fabuleux destin d'Amélie" e infine ai piedi della collina, fino al Moulin Rouge.

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Impossibile non tornare al Sacré-Coeur la sera, questa volta prendendo la funicolare, per ammirare le luci di Parigi dall'alto e quelle della Basilica bianchissima contro il buio.

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La Tour Eiffel

Come hanno fatto 324 metri di "ferraglia" a diventare il simbolo di una delle città più belle d'Europa?
Di sicuro in parte si deve al fatto che la Tour Eiffel è rimasta per 41 anni il monumento più alto al mondo e ancora oggi la sua piattaforma superiore è uno dei più elevati punti di osservazione europei.
Non a caso si dice che "l'altezza è mezza bellezza" (ma meglio non ripeterlo troppo che poi noi piccolette ci crediamo).


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Costruita nel 1889 in occasione dell'Esposizione Universale, ha richiesto più di due anni di lavori e deve in seguito la sua sopravvivenza (era destinata infatti ad essere smantellata 20 anni dopo) a être devenue un truc de radio, come ha distrattamente pronunciato una turista incrociata durante la salita, al fatto cioè che fu utilizzata per sperimentare le prime trasmissioni radio e di telecomunicazione.

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Ma secondo me c'è dell'altro. Gran parte del suo fascino credo sia dovuto alla sua forma cuneiforme, che ne fa una freccia rivolta verso il cielo, quasi un razzo pronto a decollare dalla sua rampa su quelle quattro bizzarre zampe che la fanno assomigliare a una sorta di animale fantastico.
E anche alla incredibile leggerezza della sua struttura, considerate le sue dimensioni: m
etallo e aria, l'orizzonte di Parigi è segnato in modo emblematico da una specie di merletto di ferro, forte ed elastico, capace di assecondare i venti e le oscillazioni al suolo.  

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E se è il monumento a pagamento più visitato al mondo un motivo ci sarà: la sua visione è spettacolare, ma anche la vista che si gode da esso è un'esperienza unica.

L'accesso al secondo piano può essere fatto in due modi, per le scale o in ascensore. Noi abbiamo scelto il primo, per godere appieno delle prospettive che si aprono sulla struttura stessa. 

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704 scalini portano ai 115 metri di questa tappa intermedia, passando per il 1° piano , dove si trova il pavimento trasparente, che permette un'esperienza sul vuoto decisamente impressionante.

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La salita all'ultimo piano si fa in ascensore

Già dal secondo piano la vista è stupefacente e dà la misura della grandezza dei maggiori monumenti parigini che si stagliano in modo quasi sfacciato in mezzo ai celebri tetti di zinco. 

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Ma è solo dalla vetta che si apprezza la vastità della città che si estende sotto i propri piedi.

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La visione dall'alto è sempre speciale: la distanza dal suolo allarga l'orizzonte e permette di abbracciare le cose nel loro insieme dando loro un senso in più. Si vede di più e spesso anche meglio da lontano.

Ma permette anche di cambiare le prospettive, di rovesciare un po' le dimensioni e di alterare, anche se solo per un po', la realtà.

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Il Pantheon di Parigi e il Pendolo di Foucault

Il Panthéon di Parigi, un monumento neoclassico che si trova nel cuore del Quartiere Latino, per quanto progettato per essere una chiesa ha ora una vocazione civile: quella di ospitare le spoglie dei grandi personaggi che hanno segnato la storia di Francia.

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Voltaire, Rousseau, Hugo, Zola, Dumas, Pierre e Marie Curie sono solo alcuni dei grandi spiriti che vengono qui onorati.

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L'architetto Soufflot ha voluto con la costruzione del Pantheon rivaleggiare con la basilica di San Pietro a Roma. Il peristilio è ispirato a un altro monumento romano, il Pantheon di Agrippa. Fino al 1889, data della costruzione della Torre Eiffel, rimase il più alto edificio di Parigi.

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Il Pendolo di Foucault vi fu installato nel 1851, smontato e rimontato a più riprese vi è stato finalmente riportato nel 2015. Attraverso di esso il fisico Léon Foucault volle portare una prova empirica della rotazione terrestre. Solo con questo presupposto è infatti possibile spiegare perché la punta del pendolo tracci nell'arco di una giornata una raggiera al suolo, dovuta allo spostamento del suo piano di oscillazione.

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Lo spostamento dell'asse del piano d'oscillazione del pendolo era già stata osservata nei secoli precedenti ma nessuno prima di Foucault l'aveva messo in collegamento con il movimento della terra.
Il primo esperimento ebbe luogo nel 1851, come la prima dimostrazione pubblica che si fece, appunto, al Pantheon di Parigi.
Attraverso il pendolo non solo si può dimostrare la rotazione della terra attorno al suo asse ma anche trovare, attraverso la misura della deviazione al suolo del piano di oscillazione, la latitudine del luogo dell'esperimento senza il bisogno di alcuna osservazione astronomica esterna. 

L'osservazione mostra che il piano d'oscillazione ruota attorno all'asse della verticale del luogo e anche che esso ruota in senso orario nell'emisfero boreale e antiorario in quello australe. Inoltre il piano di oscillazione effettua un giro completo in un giorno astronomico ai poli, mentre altrove il periodo è più lungo e deve essere diviso per il seno della latitudine. All'equatore il piano d'oscillazione è fisso.

Questo esperimento, ripetuto più volte in seguito, ha permesso anche di verificare il fondamento delle leggi della dinamica di Newton. 

Dal punto di vista della fisica teorica il pendolo pone il problema della natura del punto di riferimento del moto. Ogni movimento è infatti relativo, non si può parlare di movimento senza definire rispetto a cosa.
Ai tempi di Foucault  la questione non si poneva poiché si riteneva che esistesse uno spazio assoluto in relazione al quale tutti i movimenti potessero essere definiti.
In seguito però questa nozione fu criticata prima da Leibniz e poi da Mach, per il quale il movimento del pendolo sarebbe legato alla distribuzione della materia nell'universo e quindi alle stelle lontane.

Einstein cercò invano di dimostrare questo principio attraverso la teoria della relatività, che però sembra in contraddizione con il movimento del pendolo, dichiarando che nell'universo non esiste nessun punto di vista privilegiato.
Ciononostante la relatività generale presuppone l'esistenza dello spazio-tempo in quanto realtà fisica esistente, che può quindi fungere da punto di riferimento per il movimento del pendolo.

Al momento non c'è ancora accordo tra gli autori su come definirlo. 

Il suo fascino incredibile sta probabilmente anche lì, oltre che nell'ipnotismo della sua danza elegante e perfetta attorno al Punto.
Il pendolo ci racconta che ovunque lo appendiamo, quello è il punto fisso dell'universo.