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February 2017

Vento sulle onde

Quello di ieri a Cap Dramont.

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I Kyte-surf li ho visti dapprima dall'alto, lontani sulle creste del mare argentato e ho pensato subito a quelli che sfrecciavano dieci anni fa a Navene.

Cioè, loro sfrecciano ancora, ma io non li vedo più, mentre in quella estate del 2007 ho passato un sacco di giornate su quelle spiagge ad ammirarne le evoluzioni.

In realtà ben poco poteva fare quel vento ai miei pensieri, se non spettinarmeli ancora di più.

Tornando a ieri sulla spiaggia di Camp Long non ce n'era molto di vento ma non che quella quiete sia servita troppo.

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E comunque certi giorni sono più giorni di altri, non ci posso fare niente, quando ricorrono fanno vento.

 


È primavera?

Sono abbastanza abituata al fatto che le stagioni meteorologiche qui sulla Côte d'Azur non corrispondano troppo a quelle astronomiche. Nonostante ciò confesso che il tepore della giornata di ieri mi ha sorpreso.

La plage des Marinères da mezzogiorno alle tre si sa che regala un caldo riparo anche nelle giornate più rigide ma al tepore serale non ero ancora preparata.

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Mi ha sorpreso soprattutto che la giornata sia rimasta calda fino al calar del sole, quando per la passeggiata al faro di Cap Ferrat mi ero munita di maglioncino e di un del tutto inutile giubbino.
Mi ha sorpreso anche la luce, che era talmente strana da rendermi irriconoscibili gli ormai ben noti scorci. Il sole ancora basso sull'eclittica e i suoi raggi radenti e incredibilmente rossi al tramonto illuminavano la serata in modo quasi surreale.

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E poi tutti quei fiori gialli, quelle nuvole dorate e il verde della macchia. La tavolozza era tutt'altro che invernale.

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Non è stato un inverno troppo generoso in belle giornate, la primavera non potrà essere che migliore.

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Il Planetario "Ulrico Hoepli" di Milano

Al planetario di Milano, che è il più grande d'Italia, ci ero già stata 20 anni fa (!) in visita scolastica con la mia professoressa di Scienze (pace all'anima sua) tanto temuta dall'intera classe, quanto rigorosa e ineccepibile nel metodo che applicava alla vita come nelle sue lezioni (ciao Antonietta, ovunque tu sia lassù, ormai ho poco meno della tua età di allora e posso darti del tu). Ma divago.

Non ricordo molto di quella prima visita, ma una cosa è rimasta impressa in modo indelebile nella mia mente di giovane appassionata di astronomia: il momento in cui sulla cupola che funge da schermo per il complesso proiettore di astri si simula il passaggio dal giorno alla notte con il sole che tramonta, la luna che sorge e, finalmente, la notte che si accende.

Ecco, quell'istante in cui il cielo si fa nero e appaiono prima i due pianeti più luminosi e poi migliaia di stelle (in realtà molte di più di quelle che si possono vedere ad occhio nudo nella maggior parte delle situazioni di osservazione) è davvero commovente: le mura dell'edificio d'un tratto spariscono e anche il tempo sembra di colpo tornare a una qualche situazione primordiale, quando l'uomo per cercare il suo posto sulla terra interrogava il cielo. 

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Inutile dire che mi sono commossa esattamente come 20 anni fa. 

Le attività del Planetario di Milano sono date dal 2016 in concessione all'Associazione L'Officina, che si occupa di organizzare tutti gli eventi per il pubblico e per le scuole. Il programma è molto ricco e cambia ogni mese. 
Le conferenze domenicali e gran parte di quelle del sabato sono più divulgative, sostanzialmente dedicate all'osservazione e alla conoscenza della volta stellata. Il martedì e il giovedì sera invece sono previsti incontri con astronomi ed esperti, spesso di fama internazionale, per approfondimenti sulle nuove scoperte dell'Astronomia.

Qui di seguito gli incontri di febbraio, ma il programma è di volta in volta aggiornato e facilmente scaricabile dal sito.

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Noi abbiamo partecipato alla conferenza I colori del cielo: aurore, nebulose e stelle colorate.
Appena scesa la notte nel cielo invernale il sipario si è aperto su Orione, e come non notare quella stella in alto a sinistra così fortemente colorata di rosso? Se Betelgeuse è rossa, Rigel è blu e non per tutti è così immediato capire perché la temperatura colore è tanto più calda quanto più una stella è fredda. Ma l'ottimo relatore ci illumina. 
Orione però è lì anche per raccontare le storie di caccia che hanno come protagonista lui e i suoi cani. Ma quanto corrono le costellazioni nel cielo a sud? In questa notte accelerata fermiamo qualche minuto la volta del cielo per imparare a riconoscere le più famose e visibili di questo periodo.

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Il Toro, Castore e Polluce, Orione, appunto, con i Cani Maggiore e  Minore sono lì anche questa sera, a raccontare le loro storie da tempo immemore e per tanti secoli ancora quanti saranno quelli in cui la permanenza della memoria dell'umanità li vorrà perpetuare.

Mi è piaciuta molto l'immagine utilizzata dal relatore, Gianluca Ranzini, quando ha sottolineato che nel cielo è a sud che accadono le cose visto che a nord esso ruota sempre più lentamente fino a fissarsi immobile nei pressi della stella polare. Mi sono figurata il cielo come un grande schermo, una specie di panavision su cui gli antichi passavano il tempo guardando scorrere le peripezie dei loro eroi, quelli della mitologia classica.
Rivolti a sud (come è giusto che sia).

La conferenza è molto divulgativa e tocca, spiegandoli in modo accessible, un sacco di argomenti e temi astronomici. In questo il relatore è coadiuvato anche da un sistema multimediale allestito all'uopo.

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Lo schermo emisferico è infatti utilizzato anche per proiettare immagini, filmati ed effetti speciali attraverso tre videoproiettori e due laser.

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Nel nostro caso, trattandosi dei colori degli oggetti celesti, oltre alle supergiganti rosse e agli ammassi di stelle blu, abbiamo ammirato anche le nebulose in cui nascono le stelle: lì sono i gas che le costituiscono a dar loro i diversi colori, purtroppo non visibili dalla terra.

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Sempre nel cielo ma molto più vicine sia come luogo di origine che di manifestazione sono le aurore polari, quelle sì perfettamente visibili, ma solo ai pochi fortunati che si trovano nei pressi del circolo polare quando il vento solare carico di elettricità colpisce la ionosfera. Per lo più verdi, possono assumere però anche svariati colori, dal rosso al violetto, più raramente blu.

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L'interessante conferenza ci tiene per circa un'ora con il naso all'insù, ma veniamo a parlare del "planetario", che è altrettanto interessante in sé da valere da solo la visita al luogo.

Con questo termine si intende propriamente lo strumento atto a proiettare su uno schermo a cupola gli astri e i fenomeni astronomici come potrebbero apparire da qualunque punto della terra e in qualunque istante, presente passato o futuro.
E' un apparecchio molto complesso, che si presenta come un traliccio cilindrico con due sfere alle estremità. Delle lastre circolari di vetro completamente annerite tranne che nei punti corrispondenti alle stelle generano le immagini delle stesse in ogni settore del cielo. 
Lo strumento può ruotare attorno a tre assi per simulare il moto diurno, la precessione degli equinozi e il movimento in latitudine.
Nella parte centrale del traliccio ci sono i proiettori fissi degli oggetti diffusi (Via Lattea e nubi di Magellano) e quelli mobili del sistema solare visibili a occhio nudo, la cui immagine è ingrandita per ragioni didattiche.

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Ma "planetario" è anche il termine che per metonimia indica di solito l'edificio che ospita il complicato strumento di cui sopra. 
Quello di Milano, donato alla città dal celebre editore di pubblicazioni scientifiche Ulrico Hoepli, è un edificio ottagonale in stile neoclassico e si trova nei giardini "Indro Montanelli" vicino a Porta Venezia.

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La superficie della cupola, costituita da pannelli di alluminio forato è di 600 m2 e la sala può contenere 320 ospiti. Le sedie risalgono agli anni '30, come il profilo della città riprodotto sul bordo della cupola, che infatti è ancora privo del grattacielo Pirelli e della Torre Velasca, mentre vi si vedono riprodotte numerose ciminiere, oggi scomparse dallo skyline milanese.

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Sul profilo della cupola sono indicati anche i punti cardinali ed è guardando questi ultimi che, appena entrata, ho avuto un moto di stupore. "Ma come?" ho detto a Marco "l'est non può essere da quella parte!" e poi ho aggiunto "vabbè Milano la conosco poco ma mi deprime un po' perdere così spesso il mio proverbiale senso dell'orientamento". Armato di iPhone con bussola lui mi ha subito risposto "no, no guarda un po'... hai ragione tu!"
Ed ecco svelato l'arcano:

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Per farla breve i punti cardinali all'interno della cupola sono modificati perché il relatore sia idealmente rivolto a sud, come gli antichi, per poter guardare e spiegare "le cose che vi succedono". Trovandosi la postazione di comando ad est, per comodità questo è stato obbligato a diventare un "finto nord" , trascinando con sé tutto il resto della bussola. 
Che quindi non ero stata io a perdere.

La qual cosa, oltre ad avermi rassicurata sulla mia capacità di darmi un posto nel mondo, mi ha ancora una volta confermato una grande verità: le cose interessanti succedono quando si guarda a sud, è lì che le cose si muovono è lì che ci sono più stelle, più cielo e... più acqua (ok, quella è un problema mio, ma vabbè, concedetemelo).

 

 


Da Lodi a Milano

No, non a piedi, come cantava il Quartetto Cetra nella celeberrima canzone "Aveva un bavero".

In automobile, noi il percorso l'abbiamo fatto in automobile, lungo la via Emilia, mentre mi chiedevo se era proprio quella via Emilia lì e cercavo il West all'orizzonte. Ma niente, c'era solo nebbia e un grigino diffuso che sapeva di sterpaglie umide.

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Lodi è una bella cittadina, ci siamo passati veloci, anche perché ci hanno sostanzialmente impedito di soffermarvici, cacciati fuori da ben due chiese, causa orario delle visite terminato proprio al nostro arrivo.
 
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Ciononostante ho apprezzato le belle architetture rinascimentali e neogotiche, la facciata romanica del Duomo, gli affreschi del tempio dell'Incoronata, la bella piazza centrale porticata e soprattutto l'atmosfera della domenica mattina, con i negozi aperti, il mercato e la gente che chiacchiera ai tavolini dei bar, per le strade e nelle piazze.

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A Milano ci ha accolto lo stesso tempo grigio, ma Milano io l'amo quindi può anche trattarmi un po' male, che la perdono.

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(Buon San Valentino)


La Sanremo del Festival

A me piace.
Confesso che il Festival di Sanremo non lo ho mai seguito più di tanto, ma non per snobismo, anzi, quando ero ragazzina lo avrei guardato molto volentieri, ma niente, a casa mia piuttosto si seguiva un documentario sulla transumanza o un'inchiesta sulle condizioni di lavoro dei portatori tibetani, ma le canzonette no, quelle proprio no! non sia mai!

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Lo avrei guardato volentieri sì, fosse stato anche solo per poter poi partecipare ai discorsi dei coetanei che il giorno dopo commentavano immancabilmente ogni serata della rassegna canora. 

Che poi è quello che da sempre è uno degli interessi principali del Festival: il poterne parlare.
Delle canzoni, dei personaggi, degli aneddoti, delle scaramucce, dei vestiti, degli ospiti, di chi l'ha visto, di chi non c'era e di chi quel giorno lì, vabbè. 
Oggi lo si fa su twitter, allora lo si faceva l'indomani mattina a scuola. Sono cambiati solo un po' i tempi, ma non la sostanza della cosa.

Poi crescendo non è stato più così importante e le volte che ho provato a guardarlo mi sono per lo più annoiata. Però la musica mi interessa sempre e il Festival di Sanremo, che piaccia o no, è soprattutto fatto di musica.

Anche la Sanremo del Festival è soprattutto fatta di musica. Quella suonata dagli artisti di strada, quella degli eventi organizzati a corollario della kermesse sui vari palchi allestiti in città, quella suonata dalle radio, presenti in modo massiccio e un po' dappertutto, nelle vetrine, negli hotel, nei truck, che sono vere e proprio stazioni viaggianti.

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Sanremo è una cittadina dal fascino un po' antico, è anche per questo, credo, che il Festival le calza a pennello.
E' un rito, sempre uguale a se stesso e per questo rassicurante. 
Ed è forse una delle principali ragioni per cui la Sanremo del Festival mi piace: mi piace ritrovarci ogni anno la stessa atmosfera, le stesse insegne antiche, lo stesso caotico andirivieni, le stesse tv accese ovunque sullo stesso canale. E gli stessi "vecchi" amici.

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2. Un (decimo) anniversario al mese - 14 Febbraio 2007

A febbraio nessun oggetto, solo voci. 
Verba volant tranne quando le registri. 

Le persone invece non le puoi fissare e capita che volino via per sempre. 
Tommaso Labranca è nato in febbraio, la trasmissione è quella del giorno di San Valentino.

Love love love. All you need is love, love. Love is all you need.


#ILoveNice part 2

E come si fa a non amarla quando anche in un week end di brutto tempo ti sa regalare una luce così?

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Della struttura tricolore pensata per diffondere (anche) sul web l'amore immutato per questa città da parte di nizzardi e turisti avevo già parlato all'epoca della sua inaugurazione
Ma da circa un mese l'installazione è stata spostata dalla sua sede originaria al Quai Rauba Capeu, che è uno dei luoghi più panoramici e simbolici della città. Da qui infatti lo sguardo si apre sulla Baie des Anges in tutta la sua bellezza e farsi una foto davanti alla struttura con lo sfondo di tutto quel blu è una tentazione cui è davvero difficile resistere. 

Ma torniamo al meteo. 
Lo scorso week end è stato molto movimentato da questo punto di vista, portando un bel po' di acqua e vento forte anche sulle nostre coste. Però siamo a Nizza e anche un sabato che comincia piovoso può proseguire poi così:

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Il vento forte ha liberato il cielo e il mare mosso ha dato spettacolo inventandosi sbuffi schiumosi e sfumature variegate con cui intrattenere gli spettatori.

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Domenica invece è stato grigio praticamente tutto il giorno, con alternanza di scrosci più o meno intensi.

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Ma siamo a Nizza e l'oro, oltre che nei bicchieri di bollicine e nei piatti ricolmi di Socca, alla fine lo ritroviamo anche sulla Prom', riflesso sulla terra e nell'aria e moltiplicato in mille gocce dorate.

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Oggi è lunedì e splende il sole.